Tutto parte da questo TikTok. Con Montse commentavamo che a Milano, la nuova iterazione di «locale hip che comunica esclusività e gusto cosmopolita» è il listening bar.
Stavo già per dire – basta vi prego – quando ho letto questo seed della community di Protein sui ‘Fourth Spaces’ che mi ha mosso qualcosa dentro.
(Anche se la prima reazione è stata: non sarà mica il solito gioco delle agenzie? Prendere una cosa sempre esistita, imbustarla con un nome nuovo e una carta luccicante? Hanno pure messo il ™.)
Fourth Spaces: ma davvero serviva un nuovo nome?
Sappiamo cosa sono i primi due spazi (casa e lavoro) e pure i terzi luoghi: spazi di aggregazione fuori da casa e ufficio – bar, biblioteche, spazi di comunità.
I Quarti Spazi, invece, sarebbero «emerging gathering places that transcend physical location, bringing people together through shared passions and bridging online communities with real-world connections».
Ok, ma dov’è la vera novità?
La ricerca citata scopre che… stare con persone con cui ho qualcosa in comune mi fa stare meglio. Non proprio rivoluzionario.
Cosa c’è di interessante?
Al di là delle etichette, quello che sta sullo sfondo è proprio la cosa più interessante: negli ultimi dieci anni abbiamo investito una quantità enorme di tempo a cesellare la nostra identità online e nel frattempo, succedevano due cose fondamentali:
1 / Gli spazi digitali che ci promettevano di aiutarci a creare relazioni autentiche sono diventati discariche radioattive. Ottimizzati non per farci uscire e fare cose con gli amici, ma per farci guardare amici che fanno cose (#FOMO). O, peggio, per farci guardare foto di quella volta in cui eravamo con loro (#throwback)

2 / Gli spazi fisici si sono impoveriti. Il piano pubblico delle città è stato trascurato, quando non cannibalizzato da modelli di business più redditizi. È evaporato.
Le case sono sempre più micro (se riesci a trovarne una - episodio Podcast), in cui è impossibile ospitare una cena. Gli uffici sono playground che non servono a quello per cui dovrebbero servire (imparare?). I bei terzi luoghi? Chiusi o spolpati in centri logistici per lo scambio di vestiti usati.
Crisi di solitudine
Stiamo passando una crisi di solitudine, trasversale alle generazioni. Da qui i running club, i membership club, i senior living che non sono più RSA, il revival dei bar di quartiere (vedi sotto i bar-tabacchi francesi), dei posti sinceri. E pure i Listening Bar. (Tutto giusto, occhio solo a non creare l’ennesimo luogo in cui il gatekeeping è determinato dal potere di spesa o dal network ereditato.)
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L’importante è che siano una scusa per stare insieme in modo intenzionale.
Vado lì per fare questa cosa con altri. Meglio se non li conosco.

Parentesi: sull’evoluzione dei bar-tabacchi francesi, tra ibridazione, commercio di prossimità e nuovi spazi sociali, per attrarre nuovi pubblici e garantire un futuro a un pezzo fondamentale del patrimonio urbano e rurale.
I brand, ovviamente, ci sono già arrivati
Un amico con uno studio creativo l’altro giorno mi diceva (parafraso un po’, scusa Enri): i brand non vogliono più solo fare lo shooting del prodotto. Lo fanno perché lo devono fare. Quello che gli interessa davvero è creare occasioni di socialità per la loro “taste community” in cui ci sono anche loro.
Posti, eventi, situazioni. Che poi è quello che Ana Andjelic dice da tempo. E infatti i brand lo stanno facendo bene.
Disegnare pezzettini di città: spazi, eventi, gruppi, etc vale tutto
C’è una differenza tra spazio pubblico (dove chiunque può entrare) e spazio sociale (dove vogliamo selezionare chi entra). Si gioca tutto su qualche metro.

Come FROM, aiutiamo a pensare e attivare luoghi che generano socialità. Come stiamo facendo con il Comune di Piacenza per riattivare Spazio 2, un hub per under 35: gratuito, accogliente e flessibile, con una programmazione specifica per interesse, fatto anche di spazi piccoli, per creare tanti momenti di aggregazione.
E con i privati?
Più difficile. Per un developer immobiliare, il mestiere è aumentare il valore dell’immobile con investimenti mirati. E il ritorno di investimento di questi spazi è ancora tutto da verificare, almeno con gli strumenti di business tradizionali. Ma la direzione è questa.
Un punto di partenza: gli uffici
Gehl (sì, loro) pensano che la prossima generazione di uffici e coworking non sarà legata a un’unica location. Servono infrastrutture sociali, reti di spazi fisici e digitali che costruiscano relazioni e comunità.
E pensare a quanti centri direzionali semi-abbandonati abbiamo nelle nostre città. Proprio lì dove la crisi di solitudine è più forte.
Quindi: è anche colpa nostra
Alla fine, il punto è un altro. Non basta lamentarsi che i luoghi di aggregazione non esistono più, che i social fanno schifo, che i quarti spazi sono solo marketing.
Dobbiamo metterci più intenzionalità. Più attivismo. Uscire. Andare nei posti con uno scopo. Frequentare. Poi che siano quarti, quinti o sesti spazi, poco importa.
Una raccolta fondi per AISM, basta 1€
Domenica 6 aprile correrò la staffetta di beneficienza della Milano Marathon grazie CRC. Abbiamo deciso di sostenere l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla.
Ci manca pochissimo a raggiungere il traguardo di raccolta!
Se puoi dare un contributo anche piccolo è un gesto che mi fa enormemente felice. Basta 1 €.
Se invece dai un contributo grande potrai scegliere il mio outfit di gara.
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