La Milano Design Week 2025 è finita.
Per una serie di incroci professionali e personali, mi sono trovato più a costeggiarne gli appuntamenti culturali e le situazioni mondane che a viverla da dentro.
Però mi è capitato di attraversare la città in lungo e in largo in bicicletta, una prospettiva sempre privilegiata.
Ho visto strade bloccate da eventi, anche mezzi improvvisati, parchi pieni di persone a giocare e ascoltare musica, fiumi di persone a piedi in zone dove di solito “non c’è nulla”. Occasioni di socialità diffusa, voglia di stare all’aperto, scoprire pezzi di città che non si calcolavano.
Mi ha fatto nascere un po’ di considerazioni e una proposta che voglio condividere.
Parco della Resistenza, per l’inconsapevole gentile concessione della mia collega Chiara.
La Design Week ha un valore enorme per Milano. Porta economie, competenze, visibilità e tanto altro. È un ecosistema il cui impatto è difficile da calcolare, da quanto è grande e intrecciato con la città. Il Salone del Mobile e il Politecnico di Milano stanno facendo una ricerca per valutarlo, di cui abbiamo scritto e a nostro modo partecipato.
Anche quest’anno è stato un successo.
È sempre meglio cambiare quando si è in cima, non quando si è alle strette. Proprio per questo, forse è il momento giusto per rimetterla in discussione. Non perché qualcosa non funzioni, ma perché vedo un’opportunità che sta stretta a questo contenitore.
Da tempo possiamo riconoscere almeno quattro tipologie di frequentazione:
chi ci lavora davvero, nel mondo del design e della creatività
chi partecipa perché bisogna partecipare
chi cerca bellezza, ispirazione, novità
chi vuole semplicemente stare in giro, incontrare gli amici, passare del tempo all’aria aperta
È questa pluralità che sta il suo potenziale.
Una proposta: la Design Week resta e ne immaginiamo un’altra
La mia proposta non è di togliere la Design Week, ma di farne due.
Mi spiego meglio. Lasciamo la Design Week così com’è: una grande vetrina per il mondo del design, una delle filiere centrali di Milano.
E sperimentiamo anche qualcosa di nuovo: istituiamo una nuova “week” tutta dedicata a ciò che può succedere quando le strade si aprono alle persone e diventano spazi da vivere.
Un’occasione per immaginare una città diversa, dove i marciapiedi diventano salotti, i cortili si aprono ai vicini, le strade si trasformano in luoghi per concerti, mercatini, cineforum, i negozi diventano piazze, laboratori di manualità.
E magari non solo in passerelle per brand o occasioni per farsi vedere.
‘Public Street Week’, se vogliamo già darle un nome inglese.
Sono il primo a riconoscere che il sistema delle week si porta dietro molte ombre.
Dalla turistificazione estrema alla trasformazione della città in un eventificio, fino all’appropriazione di spazi e contenuti da parte dei brand — spesso a scapito di chi quei territori li abita ogni giorno. Le ragioni per prenderne le distanze non mancano.
Ma, ecco, non è questo il punto che mi interessa ora.
Provo invece a guardare a ciò che di buono possiamo trarne, se proviamo a leggerle con uno sguardo diverso.
Le week servono anche a educare
Le week hanno anche un valore educativo. Creano pubblico.
Qualche settimana fa, a un nostro partner chiedevo «secondo te, se si facesse un referendum sulle strade pedonali a Milano, come a Parigi, che risultato ci sarebbe?»
La risposta è stata: perderebbe di sicuro.
Ecco, forse una settimana così potrebbe servire anche a questo. A testare su larga scala, a sensibilizzare, ad abituare.
Un segnale che va in questa direzione arriva dal quartiere dove abito, Stadera
Grazie all’iniziativa di Fantastudio e a un gruppo allargato di partner come Base Milano, è nato qualcosa che somiglia più a un piccolo festival di attività di quartiere: sociali, culturali, artigiane.
Una cosa pensata soprattutto per chi abita qui ma magari non se ne è mai accorto.
Sarebbe facile criticare il rischio di gentrificazione. Ma, ancora una volta, per ora teniamoci il positivo.
Io ho scoperto posti incredibili, ma soprattutto persone incredibili.
Sono a Milano da abbastanza tempo da sapere che non è niente di nuovo: prima a Tortona, poi con Ventura Lambrate. Quindi niente di rivoluzionario.
Costruiamo invece su questa voglia di riconquistare lo spazio pubblico.
E proviamo a renderla sistemica.
Cosa ne pensi?
Se la Design Week riesce già a farci vivere la città in modo diverso, immagina cosa potrebbe accadere se ne creassimo una nuova, pensata proprio per questo.
È una riflessione aperta, ma anche una proposta.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
Praticamente la No parking day allargata. Potrebbe essere la sua evoluzione.